Raku è una tecnica di lavorazione della ceramica di origine giapponese che rispecchia la filosofia Zen. 

Il significato del termine Raku si riferisce a tre concetti: semplicità, unicità e irripetibilità, che sono in effetti le caratteristiche dei manufatti ceramici creati con questa tecnica.

Nata in Giappone nel sedicesimo secolo, la tecnica del Raku è approdata in occidente dove si è presto contaminata con la nostra tradizione ceramica.

Sostanzialmente la tecnica Raku è un procedimento di ossidoriduzione ovvero di una cottura in cui ad un certo punto la mancanza di ossigeno provoca una reazione chimica che produce particolati effetti.  Al di là del dato tecnico ogni cottura Raku è un rito in cui il pezzo, sfornato a temperatura altissima e gettato in una successiva combustione creata ad arte, passa poi a raffreddarsi in altro ambiente. Il manufatto assume così il proprio aspetto finale grazie ad una quantità di passaggi che solo in parte dipendono dall'intenzione dell'artista.

L'esperienza della cottura Raku può essere profondamente pacificante in quanto l'artista affida anche ad elementi esterni il risultato del suo lavoro.  Ecco il nocciolo Zen cui accennavamo: spogliarsi di un'intenzione e disporsi ad attendere il risultato, unico e irripetibile.

E’ una creazione che va oltre la realtà fisica e non completamente controllabile dai sensi. La materia plasmata dall’idea dell’artista contiene i quattro elementi, Terra Acqua Aria Fuoco e in essi trova la sua forma e colore finali, ne cattura l’energia che nel tempo continuerà ad agire con impercettibili cambiamenti.

Gli oggetti così creati presentano una irregolare affumicatura che dona mille sfumature di grigio e nero alle parti in terracotta, gli smalti invece presentano una sottile craquelure (legata agli shock termici tipici del procedimento), effetti metallici e sfumature iridescenti imponderabili.  

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L’estetica delle ceramiche Raku è quella del wabi-sabi, un ideale di bellezza presente nelle “cose imperfette, impermanenti, incomplete”. (f. Wikipedia)